
Uttanasana, la posizione del piegamento completo in avanti, se eseguita con consapevolezza corporea aumenta la flessibilità della catena posteriore, soprattutto degli ischio crurali; ci insegna inoltre, come piegarsi verso il basso senza andare a stressare le articolazioni.
Sembrerà un paradosso, ma esattamente come il Cane a faccia in giù, se vogliamo arrivare ad una flessibilità tale da riuscire a stendere le gambe, non dobbiamo stendere le gambe; la priorità non sono loro, ma la schiena ed in particolare il bacino perché se rimaniamo in modo passivo incurvati in avanti, non andremo a lavorare sulla flessibilità dei muscoli posteriori delle gambe, sono infatti quelli che dobbiamo flessibilizzare se vogliamo riuscire a portare il naso a toccare le ginocchia e l'addome a toccare le cosce. Se incurviamo la schiena e non allineiamo il bacino in antero versione andremo a lavorare sull' allungamento degli estensori spinali, ma in una posizione di così profondo piegamento il rischio è di andare a stressare le vertebre, comprimendole in eccessiva flessione.
Ecco come una posizione può facilmente risultare non benefica, addirittura rischiosa, ecco l'importanza degli allineamenti e della consapevolezza nello Yoga; sicuramente praticata come descritto tra poco richiederà più impegno e resistenza isometrica, ma porterà più benefici nel medio e lungo periodo.
ALLINEAMENTI BIOMECCANICI Da Tadasana iniziamo a fletterci in avanti facendo partire il movimento dal bacino, portiamolo in antero - versione e cerchiamo di arrivare a portare l'addome sulle cosce: per far questo probabilmente, se non abbiamo degli ischio crurali molto flessibili, dovremo piegare le gambe. Quando portiamo il bacino in antero versione e ci flettiamo, i muscoli posteriori delle gambe si allungano, al contrario, se teniamo il bacino in retro versione, si allungheranno i muscoli della schiena.
Quindi, rimaniamo in antero versione e troviamo la nostra massima estensione delle gambe, lavorando ad ogni ripetizione per stenderle e maggiormente, rimanendo fuori dal dolore, ma leggermente oltre la nostra zona di confort. Attiviamo i quadricipiti per far si che gli ischio crurali (antagonisti dei quadricipiti) si rilascino maggiormente.
Portiamo le mani di fronte ai piedi, o su dei blocchetti, rimaniamo sui polpastrelli, petto aperto e riaggiustiamo l' antero versione del bacino nel mezzo piegamento in avanti (ARDHA UTTANASANA), da qui ci flettiamo verso il basso. Flettiamoci piegando i gomiti ed attivando le spalle, portando le scapole in retrazione, attivando anche la parte alta della schiena e lasciamo cadere la testa verso il pavimento.
Portiamo il peso in avanti quanto basta per avere le anche sopra le caviglie e una parte del peso anche leggermente sui polpastrelli. In questo modo il peso sarà bilanciato tra i piedi e le mani.
Se siamo estremamente flessibili, e soprattutto se la nostra flessibilità è associata a debolezza muscolare, il consiglio è quello di non bloccare le ginocchia in estensione, manteniamole micro piegate, in questo modo manterremo un maggior controllo muscolare e non andremo a rischiare di stressare tendini e legamenti. Inoltre, arrivati al massimo piegamento, possiamo attivare gli addominali, per far rilasciare leggermente gli estensori della schiena.
Ricordiamoci che Yoga non è ottenere un'estrema flessibilità, fine a se stessa, ma ottenerla assieme al rinforzo muscolare e soprattutto alla capacità di attivare la nostra muscolatura nelle posizioni di allungamento per non andare eccessivamente oltre la mobilità articolare e sviluppare una forte consapevolezza corporea nei movimenti.
Un esempio che fa comprendere bene questo concetto lo troviamo nella posizione del ponte, Chakrasana: se sono estremamente flessibile avrò la capacità di inarcare la schiena tantissimo, soprattutto la parte lombare, tutto bellissimo all'apparenza estetica, ma la nostra curva lombare ha un limite fisiologico in estensione, fino a che lavoriamo entro quel limite manteniamo la nostra mobilità, oltrepassato quel limite corriamo il rischio di compressioni vertebrali, spondilolistesi, lordosi ecc...In Chakrasana, appena prima di raggiungere la massima estensione, il consiglio è quello di lavorare per attivare leggermente gli addominali (azione non cosi immediata e semplice, poiché gli addominali in questa posizione sono in allungamento) per non lasciare che la parte lombare si inarchi eccessivamente fino alla compressione lombare, esattamente come in Uttanasana micro pieghiamo le ginocchia per non estendere eccessivamente l'articolazione del ginocchio.
Ricordiamoci che dovremmo sentire allungamento sempre nella parte centrale del muscolo e non nella zona dell'articolazione.
Esiste una versione di Uttanasana che va a lavorare anche sull'apertura di spalle e petto. La si pratica quasi sempre subito dopo Ardha Uttanasana. Pieghiamo le ginocchia, portiamo l'addome sulle cosce, intrecciamo le mani dietro la schiena, a livello della lombare, i gomiti sono piegati e polsi cercano di avvicinarsi, ruotiamo le spalle verso l'alto e indietro (retrazione delle scapole) e poi stendiamo le braccia quanto riusciamo.
La rotazione delle spalle è importantissima, attivando i romboidi e portando le scapole in retrazione avrò maggiore accesso alla posizione che sarà anche più sicura per l'articolazione della spalla ed andrà a rinforzare la schiena, esattamente come l'attivazione degli avambracci che cercano di far avvicinare i polsi, non rimaniamo con le dita agganciate passivamente e le spalle in avanti, anche se non riusciamo a stendere i gomiti e anche se i polsi rimangono distanti, attiviamo la muscolatura che li vuole fare avvicinare, manteniamo sempre l'attivazione muscolare, perché è quella la strada per aumentare la mobilità articolare e migliorare la flessibilità muscolare. La passività, in questa posizione, non porta a nessun risultato, anzi insegna la non consapevolezza corporea e aumenta il rischio di traumi articolari.
Non sono contro l'allungamento passivo, anzi sono pienamente convinta dei suoi benefici, ma sono anche convinta che vada dosato e unito assieme ad uno stretching attivo. Fortunatamente siamo tutti differenti e non esiste una ricetta universale che vada bene a chiunque: persone con una muscolatura molto forte che si allenano intensamente troveranno sicuramente più beneficio in allungamenti più statici e passivi, persone muscolarmente deboli e molto flessibili, al contrario, troveranno maggiori benefici in uno stretching più attivo. Sicuramente alternare entrambe le tipologie è la scelta più intelligente.
ATTEGGIAMENTI COMUNI
I disallineamenti più comuni che si riscontrano in questa posizione sono le gambe ruotate esternamente, il bacino in retroversione con lombare eccessivamente incurvata, le anche posizionate più in dietro rispetto alle caviglie (peso in dietro tutto sui piedi), ginocchia iper estese e bloccate.
Nella versione per l'apertura delle spalle la dimenticanza più comune è quella di non retrarre le scapole, se non porto le spalle in dietro avvicinando le scapole, la posizione sarà praticamente impossibile da raggiungere e con essa l'apertura e lo stretching di pettorali e deltoidi, per questo è molto importante la rotazione delle spalle, prima verso le orecchie e poi in dietro, attivando i romboidi, in questo modo riusciremo a stendere maggiormente le braccia e anche se i gomiti rimangono piegati, andremo a lavorare sull'apertura del petto in modo benefico.
POSSIBILI MODIFICHE
La posizione tradizionale prevede di tenere le gambe unite, con gli alluci che si toccano e i talloni leggermente scostati, ma possiamo comunque tenere i piedi aperti quanto le anche per avere maggiore stabilità ed equilibrio.
Possiamo anche utilizzare dei blocchetti da posizionare sotto le mani per evitare di incurvare troppo la schiena e lavorare meglio sull' antero versione del bacino evitando eccessivo stiramento muscolare.